Kingdom Hearts III – Vita, morte e miracoli di un franchise decennale

KINGDOM HEARTS III
KINGDOM HEARTS III

Prima di iniziare il discorso vorremmo chiarire un paio di concetti che speriamo vi aiuteranno a capire meglio quello che andremo ad argomentare, nonché a spiegarvi meglio il senso di questo articolo.
Iniziamo col dire che quella di Kingdom Hearts è una saga caratterizzata da molteplici innegabili pregi, primo dei quali la capacità di fondere due universi apparentemente inconciliabili, come Square Enix (ai tempi Squaresoft) e Disney in un’amalgama in grado di segnare nel profondo il cuore di generazioni di videogiocatori, noi compresi.
Gli scriventi, pertanto, sono grandi  fan del franchise proprio come voi, ed è appunto per tale motivo che questo pezzo è stato frutto di un attento ragionamento e non è stato di facile scrittura.
Chiariamo inoltre che quella che vi apprestate a leggere non è una semplice recensione del terzo capitolo della serie uscito circa un mese va per Playstation 4 e Xbox One, anche perché saremmo  alquanto in ritardo rispetto alla concorrenza.
Si tratta più in generale di una nostra personale riflessione sull’intera saga: vi consigliamo pertanto di imbarcarvi nella lettura solo una volta terminato il gioco.

“ATTENZIONE SPOILER”

Noi tutti  abbiamo vissuto con grande entusiasmo le avventure del giovane Sora e dei suoi amici nella lotta contro l’oscurità e ci siamo emozionati per l’avvincente trama che ha iniziato a dipanarsi fin dal primo titolo, uscito nel lontano 2002 su Playstation 2 ad opera del bravissimo Tetsuya Nomura, già designer di titoli del calibro di Final Fantasy X.
Il successo fu tale che il mercato richiese a gran voce di dare un seguito alla serie: la risposta non tardò ad arrivare, dapprima sotto forma di Spin-Off con Kingdom Hearts Chain of Memories datato 2004 (titolo uscito insolitamente su Game Boy Advanced caratterizzato da un inedito sistema di gioco basato sull’utilizzo di carte, sia per le fasi di combattimento che per quelle di esplorazione) e poi con un sequel diretto su console ammiraglia nel 2005, Kingdom Hearts II, molto più simile al capostipite della serie.
A quest’ultimo titolo siamo particolarmente affezionati e riteniamo che abbia posto definitivamente le basi narrative per la creazione di un universo di eventi e personaggi accattivante, coerente ed articolato.

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Kingdom Hearts II

Ed è proprio la complessità della trama l’arma a doppio taglio che segnato irreparabilmente la saga.
Fin da subito era lecito aspettarsi un terzo capitolo, o tutt’al più un titolo parallelo che ampliasse  alcuni punti non propriamente chiari rimasti in sospeso.
Tra il primo e il secondo capitolo d’altronde erano passati solo 3 anni ed inoltre la PlayStation 3 sarebbe arrivata di lì a poco, perciò quale migliore occasione?
Come ben sapete le cose non sono andate affatto così e per avere un vero e proprio terzo “volume” (con il numero “tre” nel titolo per intenderci) abbiamo dovuto attendere fino al 2019, non prima di esserci deliziati con una serie di giochi usciti sui supporti più disparati (PSP, Nintendo DS, Nintendo 3DS ed addirittura Mobile) e spalmati su una forbice temporale decisamente troppo ampia.

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Kingdom Hearts 3D

Attualmente la creatura di Nomura conta ben 12 incarnazioni, apparse sul mercato in un periodo che va dal 2002 al 2019.
Ed è proprio qui che l’impalcatura narrativa ha, a nostro avviso, ceduto il fianco alle logiche di marketing. Per farla breve, se doveste giocare i 3 titoli principali della serie, ovvero Kingdom Hearts, Kingdom Hearts II e Kingdom Hearts III non solo non avreste (come è lecito aspettarsi) una visione completa dei vari risvolti secondari della trama, ma non sareste nemmeno in grado di ricostruire una narrazione anche solo lontanamente  comprensibile.
Il fallimento è sotto gli occhi di tutti:  nel tentativo di chiudere un arco narrativo spintosi evidentemente oltre il tempo limite, vengono tralasciati troppi aspetti, con il risultato di straniare il giocatore.
La trama di Kingdom Hearts III si presenta come un continuo fan service legato ai personaggi più famosi della serie e in alcuni casi assume addirittura assume le caratteristiche di marchetta per spin-off e film Disney (primi fra tutti Frozen con il filmato fotocopia della scena dove la Elsa canta la canzone capolavoro Let it go oppure Toy Story per il quale è in arrivo il nuovo capitolo a Giugno).

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Kingdom Hearts III Frozen

Si tratta di un processo molto astuto che punta più a titillare il cuore del giocatore dando loro forti appigli emotivi, piuttosto che ad offrire una completezza e una “pulizia” narrativa.
Per di più, anche negli eventi raccontati, sono parecchi i dubbi che sorgono, una volta spenta la carica emozionale.
Non fraintendeteci: Kingdom Hearts III è un gioco bello da vedere e divertentissimo da giocare.
Dal punto di vista del gameplay, il personaggio di Sora appare in forma smagliante e ha a sua disposizione un comparto di movenze, mosse speciali e attacchi del tutto invidiabile.
Ogni battaglia è un’esplosione di colore e la sensazione di dominare il campo fa sì che difficilmente ci si possa annoiare. La trasformazione dei Keyblade è un tocco davvero apprezzabile che introduce dinamiche originali in un sistema di combattimento che , in caso contrario, sarebbe potuto apparire alquanto stantio. L’estrema  mobilità del personaggio (che arriva a correre in verticale sulle parti con estrema nonchalance e a compiere salti altissimi) permette di godere appieno della grandi ambientazioni, sebbene qualche muro invisibile di troppo tarpi spesso le li al giocatore.
Il comparto musicale, dal canto suo, è davvero eccezionale, e presenta brani di qualità eccelsa come Face My Fears, tema principale della colonna sonora, frutto dell’insolita collaborazione tra Hutada Hikaru e il pluripremiato DJ Skrillex.

Kingdom Hearts III Keyblade
Kingdom Hearts III – Trasformazione dei Keyblade

Esistono titoli che sono narrativamente ineccepibili ma che a conti fatti non divertono, perdendo pertanto la loro connotazione ludica, mentre in questo caso è esattamente il contrario: Kingdom Hearts III è divertentissimo ma manca totalmente di una completezza  e coerenza interna  che gli permetta di essere fruito come prodotto a sé stante.
Il titolo finisce per diventare appendice dei suoi stessi spin-off, anziché viceversa.
Cerca di stupire il fruitore, proponendosi come testo  corale e tentando di mettere in piedi una trama epica, ma fallisce clamorosamente per due principali motivi.
Il primo è la percezione di un netto distacco tra l’universo Disney e quello prettamente legato alla serie.
I membri dell’organizzazione XIII (principali antagonisti del gioco, come lo erano per il secondo capitolo) invadono le realtà animate in modo decisamente asettico e non riescono ad inserirsi nel continuum narrativo in modo intrigante, come invece abbiamo visto in passato. Poche sono le interazioni che hanno con i personaggi Disney e quasi nessuna è utile allo sviluppo della trama.
L’unica utilità degli incappucciati è quella di fungere da pretesto per dialoghi volutamente fumosi e per i vari boss fight (durante i quali però non si combatte mai direttamente con loro bensì con heartless di varia natura e altre creature), davvero molto belli e splendidamente coreografici, ma del tutto fini a sé stessi.
In secondo luogo, durante le 30 ore circa che occorrono per completare la storia principale, il titolo presenta alcune situazioni completamente insensate, che mettono a dura prova l’effetto di “sospensione dell’incredulità”. Si tratta di quel processo decodificativo tipico del cervello umano per il quale non è la plausibilità e il realismo effettivo di un evento a renderlo accettabile agli occhi di vi assiste, bensì la sua coerenza con la storia che viene narrata.
Nessuno obietterebbe, ad esempio, sul fatto che Superman possa volare (cosa di per sé inverosimile) poiché la caratteristica è ampiamente motivata dal background del personaggio.
Appare molto più assurdo, invece, che gli basti togliere gli occhiali e mettersi un costume per non essere riconosciuto dalla popolazione come Clark Kent.
Kingdom Hearts III è un favola moderna e pertanto è perfettamente normale ritrovare situazioni  fantasiose e divertenti, ma vedere Luxord dell’organizzazione XIII cadere sotto i colpi della precaria igiene orale di Jack Sparrow o Vanitas essere fisicamente dominato da Sulley di Monster & Co e divenire protagonista di un gag degna del migliore Wile E. Coyote… Non ci siamo proprio, ecco.

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Kingdom Hearts II – Hercules

Se tutto quanto detto fino ad ora non vi basta, possiamo aggiungere che vi sono anche svariati riferimenti al videogioco per cellulare (Kingdom Hearts Union X) che è a tutti gli effetti un titolo canonico della saga, e anzi un tassello fondamentale, soprattutto per comprendere alcune scene nonché il finale segreto di Kingdom Hearts III.
Chi legge potrà obiettare che su Playstation 3 e 4 sono uscite diverse raccolte contenenti  i vari titoli della saga in modo tale da potersi mettersi “in pari” con la trama senza dover saltare da una console all’altra.
Allo stesso modo su Youtube ci sono moltissimi video che descrivono per filo e per segno tutti gli eventi narrati negli oltre 10 titoli nei quali è divisa la serie: il punto focale del discorso però non è la reperibilità del materiale, ma il come è stato proposto alla fanbase.
Sappiamo che una delle principali regole per gestire un franchise di successo è quella di invadere il mercato colonizzando piattaforme differenti ed interconnettendo la fruizione dei vari prodotti.
Square Enix ha fatto, da questo punto di vista, un ottimo lavoro ma è forse venuta meno al più intimo dei suoi scopi: quello di raccontare semplicemente una storia.
Ma niente paura. Nomura ha già annunciato l’uscita di piccoli DLC gratuiti e di una grossa espansione ovviamente a pagamento: il vile denaro sarà forse il corretto motore che riempirà i buchi di trama?

E’ davvero un peccato: Kingdom Haerts III non è il titolo che ci aspettavamo dopo tutti questi anni, ma resta comunque un prodotto nei confronti del quale è difficile rimanere indifferenti.
Ci ricorda tanto il nostro gatto: lo abbiamo tanto atteso e desiderato e ne siamo affezionatissimi.
Adoriamo coccolarlo e farlo giocare, perché siamo anche noi a divertirci nell’osservarlo.
Non di rado morde e graffia e allora ci chiediamo chi ce l’ha fatto fare di prenderlo con noi, tuttavia basta guardare il suo bel musetto e gli perdoniamo forse fin troppe cose.
“May your heart be your guiding key”

Informazioni su Marco Manfredda (Moxarc) 1 Articolo
Tutto cominciò con l'arrivo a casa di uno strano giocattolo chiamato NES, il resto poi è storia. Ha troppi titoli da giocare e troppo poco tempo per farlo, pertanto si consola con il mobile gaming. Ama cercare la componente ludica nella vita di tutti i giorni.

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